PROVOLA DEI NEBRODI DOP

La Provola dei Nebrodi DOP è un formaggio di latte di vacca a pasta filata siciliano, che deve il suo nome alla zona d’origine che coincide con la zona del Massiccio Nebroideo. La Provola dei Nebrodi è uno dei formaggi più antichi della Sicilia, la cui tradizione della lavorazione è descritta, tra gli altri, dal Sacerdote Gaetano Salomone già intorno al 1870 ne “Il Manuale Teorico-Pratico D’Agricoltura e Pastorizia, adattato all’Intelligenza popolare delle persone del circondario di Mistretta”.

La zona di produzione, che comprende anche la zona di allevamento delle vacche da latte, ricade in diversi comuni delle province di Catania, Enna e Messina.

Nel disciplinare di produzione viene definita l’alimentazione delle bovine che deve essere costituita da almeno il 60% di foraggi e per il restante 40% circa da concentrati. Inoltre, almeno il 60% della sostanza secca della razione alimentare deve provenire dai pascoli dell’areale di produzione. È necessario l’utilizzo di mangimi extra zona d’origine in quanto il territorio siciliano ha forte vocazione per prati permanenti e pascoli e ridotta vocazione a seminativi, che si traduce in una scarsa disponibilità di graminacee e leguminose da granella. È vietata la somministrazione di insilati, di sottoprodotti freschi dell’industria, di fieno di trigonella e di alimenti mal conservati.

La Provola dei Nebrodi viene prodotta in diverse tipologie: fresca, semi-stagionata, stagionata, sfoglia e al limone verde.

Il processo di produzione prevede che il latte vaccino, crudo, venga portato alla temperatura di 36°C con oscillazione massima di 2-3°C. A questo punto, grazie all’aggiunta di caglio di capretto o agnello, avviene la coagulazione. Il caglio, in particolare, viene sciolto in una soluzione acquosa di cloruro di sodio, la cui quantità deve essere tale da comportare un tempo di presa, coagulazione e rassodamento da 45 a 60 minuti. La rottura della cagliata avviene manualmente tramite una rotella in legno detta “ruotola”, fino a che la cagliata non raggiunge le dimensioni di chicchi di riso. Durante la rottura viene aggiunta acqua calda a circa 75°C.

La cagliata, separata dal siero, viene poi sottoposta a scottatura con il liquido risultante dalla lavorazione della ricotta (scotta) o con acqua a temperatura non inferiore a 65-70°C. Successivamente, la cagliata viene estratta manualmente, riposta su un tavolo spersorio detto “tavuliere”, e ricoperta con un telo di lino o di cotone. La maturazione della cagliata avviene nel tavolo spersorio attraverso un processo naturale di acidificazione della durata di 16-24 ore, periodo in cui la cagliata continua a perdere siero e per poi raggiungere un pH adeguato per la filatura (pH 5-5,4). La cagliata in questa fase è sottoposta, inoltre, a pressatura secondo la tradizione del casaro. La cagliata, a questo punto, viene tagliata a fette di 5-10 cm di larghezza e 2-3 cm di spessore. Le fette di cagliata sono poste nel “piddiaturi”, recipiente in legno basso e a forma tronco-conica, e ricoperte con scotta bollente, o con acqua calda a 80-90°C e lasciata a riposare per 5-10 minuti, ricoprendo il “piddiaturi” con un telo di lino o di cotone. Attraverso l’uso di una spatula in legno con superficie allargata, detta “manuvedda”, il casaro mescola le fette di cagliata con la scotta o con acqua, verifica il livello di filatura e inizia la lavorazione della cagliata, favorendo la fusione delle fette per ottenere una massa caseosa omogenea a forma sferica. La sfera caseosa viene quindi tagliata nella pezzatura desiderata ed i pezzi vengono riposti a bagno nel fondo del “piddiaturi”. Il singolo pezzo di pasta filata viene quindi lavorato manualmente con molta cura, “ncuppatina”, fino ad ottenere la provola nella sua forma tipica con la superficie esterna esente da smagliature e saldata ad un polo. Per la saldatura della provola e per l’eventuale modellatura della testa della provola, i casari utilizzano del siero bollente. La provola, quindi, viene immersa in acqua fredda e risposta nella vasca con la salamoia, per procede alla fase della salatura. All’uscita della salamoia, le provole vengono prima immerse per pochi minuti in acqua fredda e poi appese con una cordicella in fibre naturali a coppie.

Per l’ottenimento della tipologia al limone, durante la formatura, il casaro, prima della chiusura della provola, incorpora nel cuore della pasta caseosa un limone verde intero, previa scottatura dello stesso nel siero bollente per sterilizzarne la superficie. La stagionatura avviene in locali freschi e ventilati e la sua durata dipende del peso della provola.

Al momento dell’immissione sul mercato, la tipologia fresca presenta la classica forma a pera, con o senza testina, mentre le altre tipologie presentano una forma ovale con breve collo che si allarga nella parte superiore, con o senza testina. Per la provola fresca il peso varia tra 1-2 kg, mentre per le altre tipologie il peso è compreso tra i 2-10 kg. L’etichettatura è diversa e specificata nel disciplinare per le varie tipologie e anche per la tipologia confezionata, porzionata e stagionata grattugiata.

La Provola dei Nebrodi ha ottenuto il marchio DOP nel 2020.

Fonti:  Ruminantia; disciplinare di produzione, Google immagini

https://www.ruminantia.it/wp-content/uploads/2020/09/DisciplinareProvola_dei_Nebrodi_23.9.2020.pdf